Balthasar e Giussani. Quell'incontro a Einsiedeln
Nel gennaio 1971 Giussani partecipa agli Esercizi spirituali dei gruppi di CL delle università di Friburgo, Berna e Zurigo, che si svolgono a Einsiedeln, sede di una storica abbazia benedettina. Le lezioni saranno tenute da lui stesso e da Hans Urs von Balthasar, il teologo svizzero da poco incontrato. Il contenuto di quelle lezioni confluirà in un piccolo libro, edito nel giugno dello stesso anno da Jaca Book col titolo L’impegno del cristiano nel mondo. Per un pudore nei confronti del grande teologo, Giussani fa stampare il proprio nome in copertina a caratteri piccolissimi e le proprie lezioni come «riassunto, redatto da un gruppo di “Comunione e Liberazione”».
Claudio Mésoniat, all’epoca studente universitario, afferma: «Fu Scola che decise di invitare von Balthasar a Einsiedeln, il centro della cattolicità svizzera». Una fotografia ritrae don Scola (ordinato sacerdote da pochi mesi), Giussani e von Balthasar a tavola durante quegli Esercizi.
Il libro si apre con queste parole di von Balthasar: «Dedico queste due conferenze tenute per i gruppi di “Comunione e Liberazione” a Don Luigi Giussani, in segno di amicizia e di ammirazione profonda».
L’effetto di quegli Esercizi su Giussani è tale che il 22 marzo von Balthasar è invitato a Milano per una conferenza organizzata dal Centro culturale San Babila. Il tema è ancora «L’impegno del cristiano nel mondo». Il 24 marzo Giussani partecipa a un incontro di ripresa della conferenza, durante il quale la commenta punto per punto, ma prima dice: «Vogliamo che la lezione tenutaci da von Balthasar l’altra sera diventi uno strumento di lavoro, anzi “lo” strumento di lavoro più importante per la nostra meditazione di questi mesi, perché è stata veramente una testimonianza eccezionale». Giussani sottolinea di essere stato colpito dall’affermazione che l’uomo tende a qualcosa che lo supera: «L’uomo – ha spiegato molto opportunamente – è un essere in attesa, tutto proteso quindi, senza sapere cosa attende; perciò è un essere in attesa di qualche cosa che è al di là del suo sforzo immaginativo, oltre che del suo sforzo preventivo come intelligenza». L’uomo è in attesa, e «soltanto quando la cosa gli si presenta allora capisce che è quella che attende».
Dato il titolo della conferenza, il primo punto di svolgimento sembra eludere il tema, perché il teologo parla dell’impegno di Dio col mondo. Ma Giussani chiarisce che si può comprendere da subito la logica di questa scelta: «Il cristiano è uno che segue Dio, che imita»; perciò prima di parlare dell’impegno del cristiano nel mondo von Balthasar affronta la questione di Dio. «Il presupposto della Chiesa» ha detto testualmente «è l’impegno di Dio col mondo.» Il mondo, infatti, attende qualcosa «che non può costruire da solo perché è al di là della misura della sua intelligenza, al di là della misura con cui può ipotizzare, con cui può generare progetti, ed è al di là della sua immaginazione». E la risposta di Dio è Cristo, «l’uomo Cristo», che è «l’amore di Dio per noi». Allora, cos’è il cristiano nel mondo? «Uno che porta al mondo ciò che il mondo attende e che non sa: Cristo.»
Giussani riporta due osservazioni pratiche di von Balthasar: la prima, che «la Chiesa, cioè la realtà cristiana nel mondo non è innanzitutto la gerarchia ecclesiastica. La gerarchia ecclesiastica – diceva – è come la struttura, lo scheletro, che ha il compito di tenere su, ma uno non va davanti a un altro per attirarlo a sé come scheletro perché quell’altro avrebbe paura, scapperebbe». La seconda, che «una Chiesa contestataria, che segno di salvezza può essere?». Giussani concorda con von Balthasar che «il dovere che nasce per il cristiano, per la presenza del cristiano nel mondo, è realizzare la comunione». Questo, aggiunge, «è “la” legge del cristiano, e basta». E pensando al movimento, dice: «Noi siamo insieme perché Cristo è morto e risorto», per cui «tutte le tue obiezioni a quelli che non fanno niente, o a quelli che governano sempre loro le cose, che fanno il bello e il brutto tempo, o a quelli che non ti corrispondono o che ti lasciano da solo; tutte le tue obiezioni, quelle per cui tu stai ai fianchi o ai margini della vita della comunità, da che cosa nascono? Che per te non è ancora vero che siamo insieme perché Cristo è morto e risorto, perché se anche avessi ammazzato mia madre dovrei accettarti in comunione, anche se tu mi ammazzassi dovrei accettarti in comunione perché anche se tu mi ammazzassi non puoi togliere che Cristo è morto e risorto per la nostra unità». Ricorda che queste stesse cose diceva nelle ore di lezione al Berchet: «Se tu vieni ad ammazzarmi, cosa vuol dire che ti perdono? Che io ti accetto così come sei, tu sei una cosa sola con me, perché ciò che mi fa una cosa sola con te è più profondo di quello che sei e di quello che fai: è Cristo morto e risorto, è questo fatto oggettivo che tutta la tua cattiveria non mi può togliere perché tu sei me e io ti accetto. Se mentre quello lì sta per accoltellarmi capisse questo, schiatterebbe dalla rabbia perché mentre mi sta per ammazzare capisce che non mi può sfuggire, che io lo abbraccio, capite?!».
Giussani riprende anche una raccomandazione di von Balthasar: occorre essere consapevoli che «non siamo noi a costruire l’unità della Chiesa, è Cristo morto e risorto l’unità. Perciò dobbiamo, per mantenere l’unità, continuamente dépasser, superare tutte le nostre esperienze». Giussani è d’accordo «perché il compimento è qualcosa che ci sorpassa, che sorpassa le nostre esperienze, è la morte e la resurrezione di Cristo ciò che ci compie. E infatti incomincia a realizzare l’assurdo, cioè l’unità tra noi, impossibile altrimenti». Ecco, dunque, una formula riassuntiva: «Non sono le nostre esperienze che costruiscono l’unità, ma è quell’unità che fonda le nostre esperienze. Prima è un dato, un fatto che si pone: io sono delinquente... e questo fatto mi si pone lo stesso. Dio si coinvolge... me lo trovo tra i piedi lo stesso, viene con me!».
A questo punto, richiama un «nota bene» importante: la prima cosa da fare per impegnarsi col mondo «non è fare o costruire, ma accettare questo coinvolgimento che Dio ha fatto con noi», secondo la norma biblica: «Non è la gente in gamba che costruiva, che faceva progetti e avventure, imprese, ma era l’obbedienza alla parola di Jahvè».
Quanto alla seconda parte della conferenza di von Balthasar, dedicata all’impegno del cristiano, Giussani parte da una grande premessa: Cristo porta «la risposta all’attesa dell’uomo, questa risposta tanto attesa quanto impossibile a prevedersi, a presentirsi, a immaginarsi, perché è una risposta che viene dal di là dell’uomo; e tutto il gioco più vero degli umani rapporti è un simbolo, è un segno di questo». A questo proposito, ricorda che von Balthasar ha fatto un paragone con la Creazione di Michelangelo, nella Cappella Sistina: «L’uomo, l’umanità è come quella mano o quel dito che cerca il suo oggetto e il suo oggetto è un’altra mano. La speranza umana non può pacificarsi da sé. Nell’interno della storia non c’è figura di umanità capace di soddisfare la nostra speranza».
È in una tale situazione incompiuta che si delinea il compito del cristiano: «Dirigere la speranza verso l’oggetto della sua soddisfazione che è tra noi. Il fatto di Dio tra noi – Cristo – che si manifesta, più o meno velatamente o lucidamente, nell’impossibile esperienza dell’unità tra uomini, la comunione ecclesiale». Ma un’unità che «trasfigura le strutture, le strutture limitate, cangianti, le trasfigura dall’interno attraverso l’amore divino. È solo attraverso la Chiesa che esse acquistano una luce, una trasparenza inimmaginabili all’uomo», perché questo è il paradosso del cristianesimo: «Che realizza come esperienza già, almeno un po’, l’inimmaginabile; quell’inimmaginabile lo rende esperienza».
Proprio per questo, secondo Giussani, il cristiano non potrà che essere «segno di contraddizione quando vorrà portare il mondo al di là dei fini previsti delle sue politiche e delle sue filosofie. Perciò questa è la figura dell’azione cristiana nel mondo: la testimonianza». Conclude con un riferimento esplicito a von Balthasar: «È una grande gratitudine a Dio quella che ci ha destato l’avere incontrato un uomo così. Anche perché è realmente una cosa gustosa il sentire confermate da un estraneo, che è uno dei più grandi teologi di adesso, così letteralmente (fin nelle frasi) quello che ci siam detti da tanti anni».
(Da Vita di don Giussani, pp. 425-428)
Presentazione del libro di
Hans Urs von Balthasar – Luigi Giussani
Prefazione di Julián Carrón
Giovedì 12 ottobre 2017 ore 21,00
Sala S. Antonio, via S. Antonio, 5 – Milano (MM 1 Duomo – MM3 Missori)
Intervengono
Stefano Alberto, Docente di Teologia, Università Cattolica di Milano
Fra' Paolo Martinelli, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Milano
Claudio Mésoniat, Giornalista